domenica 29 luglio 2012

L'ITALIA HA PERSO UN'ALTRA STILISTA!


Bravo Pisapia, così si aiuta il commercio e la crisi! 
Miuccia  Prada lascia Milano e sbotta: "Basta con la sinistra snob". Per lanciare la nuova collezione la stilista sceglie Parigi: "In certi intellettuali nostrani c’è ancora diffidenza verso la ricchezza e il fascino che viene dal denaro", se ho chiamato la mia gatta Miucciaprada, un motivo ci sarà, non è solo il manto striato e anonimo che ricorda i momenti più dimessi nel portfolio della nota stilista, ci sono anche comunanze caratteriali, l’ombrosità che porta una a nascondersi sotto il divano e l’altra a nascondersi durante le sue stesse sfilate, o il miagolio insistente quando si vorrebbe la ciotola piena di croccantini". A Miuccia Prada, quella umana, i croccantini non credo piacciano. Lei desidera una cosa difficile da ottenere: un mutamento nella mentalità cristallizzata della sinistra. Così ieri, sulle pagine di Repubblica in cui veniva interrogata da Natalia Aspesi, Miuccia Prada riprendeva il miagolio insistente con cui minaccia di lasciare Milano per traslocare a Parigi, perché qui da noi «non siamo presi sul serio, additati come simbolo di frivolezza»", spiega Tommaso Labranca su Libero in edicola oggi. 
Insomma, siamo nel bel mezzo di una polemica tra radical-chic e Miuccia Prada lascia Milano. Il motivo? "Basta con la sinistra snob", quella di Giuliano Pisapia, per intendersi, il sindaco arancione a cui hanno appena bocciato l'Area C. 
Così per lanciare la nuova collezione la stilista sceglie Parigi e tuona: "In certi intellettuali nostrani c'è ancora diffidenza verso la ricchezza e il fascino che viene dal denaro". C'è da stupirsi? Non credo!

giovedì 19 luglio 2012

CINECITTA’ RISCHIA DI CHIUDERE!



La fabbrica dei sogni italiana, la Hollywood sul Tevere, vedrà cambiamenti profondi a seguito dell'approvazione della Manovra Finanziaria avvenuta lo scorso 30 giugno. La scure della manovra non risparmia neanche l'arte di fare cinema: in un solo anno i finanziamenti erogati a Cinecittà dal Fondo unico per lo spettacolo (Fus) sono passati dai 17,2 milioni del 2010 ai 7.5 di quest'anno, riducendosi praticamente al lumicino. Il problema maggiore si riscontra nei 1200 addetti ai lavori che momentaneamente si troveranno disoccupati, ma già è stato deciso che la metà di loro verranno trasferiti al Ministero dei Beni Culturali. Il cambiamento di Cinecittà Luce è dato dalla presenza di un numero di dipendenti troppo elevato, costi di gestione elevatissimi e il fardello dei debiti passati, che non avrebbero più permesso di conseguire al meglio i programmi previsti. Cinecittà sta pagando le conseguenze del periodo di crisi che l'Italia sta affrontando da un po' di tempo a questa parte. E' giusto che la più grande azienda produttiva di intrattenimento cinematografico dello Stivale d'Europa debba chiudere il settore produzione? Non sarebbe stato meglio tagliare fondi in altri settori? O gestire meglio questi ultimi evitando i soliti sprechi? Il FUS, Fondo Unico per lo Spettacolo per vari anni è stato più uno scialacquatore di soldi pubblici che vero e proprio oggetto di produzione culturale a tutto tondo. Invece di realizzare "produzioni di qualità", cercando di apporre ai progetti da realizzare il famigerato sigillo "di interesse nazionale". Risultato: solo i più noti avevano finanziamenti, solo i presunti prodotti artistici dagli immensi valori attingevano alla grande vacca da mungere. E tutti gli altri registi? Le produzioni più smaccatamente commerciali che avrebbero fatto bene all'economia del cinema? 74 anni di attività, grandi registi passati per i suoi teatri di posa, 90 film realizzati lì hanno avuto candidature all'Oscar, ben 47 hanno vinto la statuetta. Scorsese, De Laurentiis, Coppola, Fellini ci hanno posato le mani. Valeva davvero la pena chiudere? Al posto degli Studios, dovranno sorgere ristoranti, alberghi, resort e parchi a tema. Una specie di luna park di cui solo i palazzinari sentono il bisogno. Cinecittà è un laboratorio eccezionale di arti e mestieri poco conosciuti che trasformano una sceneggiatura in un film. Vi lavorano 400 dipendenti di 3 società; 6.000 tra registi, attori e maestranze specializzate; l’indotto conta 10.000 piccole e medie imprese artigianali che occupano fino a 100.000 posti di lavoro. Cinecittà è dunque un’importante settore occupazionale e industriale di Roma e non può diventare terreno di nuove speculazioni edilizie e finanziarie. Questa città non ha bisogno di nuovi centri commerciali in quartieri già congestionati da queste iperstrutture. Roma ha bisogno di un’industria cinematografica forte, di investimenti veri e di un piano industriale serio che ne rilancino lo sviluppo e ne potenzino la capacità produttiva e occupazionale, che ne conservino l’immenso e storico patrimonio audiovisivo. Per queste ragioni io chiedo al governo, a tutte le forze politiche e istituzionali di adoperarsi affinchè uno dei più belli e importanti simboli di Roma e dell’Italia rimanga vivo, nessuna speculazione cementificatoria ne deve compromettere la sua vocazione originaria di industria produttiva. Perché il Cinema, l’arte, la cultura e i sogni continuino a vivere a Cinecittà e a Roma.