sabato 30 gennaio 2021

Un nuovo studio rivela che le industrie culturali e creative potrebbero essere decisive nella ripartenza dell’economia europea dopo il Covid-19




Le industrie culturali e creative (ICC)  di cui fanno parte la musica, le arti dello spettacolo, l’audiovisivo, la radio, i videogiochi, i libri, i giornali e le riviste, le arti visive, l’architettura, la pubblicità, design, la moda (fashion), l'artigianato, l'intrattenimento e, da non sottovalutare, l'industria del gusto, sono qualcosa di più di uno dei tanti settori da salvare dalla crisi causata dall’emergenza sanitaria perchè per l’Europa possono rappresentare una parte significativa della soluzione dei problemi generati dall’attuale situazione sul piano economico e sociale.

È quanto emerge da un nuovo studio realizzato da Ernst & Young, dal titolo “Rebuilding Europe: the cultural and creative economy before and after COVID-19” (Ricostruire l’Europa: l’economia culturale e creativa prima e dopo il COVID-19, che fotografa attraverso i dati la vivacità dell’economia culturale e creativa europea prima della pandemia assieme ai devastanti effetti delle misure restrittive a seguito dell’emergenza sanitaria. Lo studio, inoltre, traccia una serie di raccomandazioni per potenziare le ICC, in modo tale che diventino una forza trainante per la ripresa e il rilancio dell’economia europea.

Un settore florido prima della pandemia, infatti nel 2019, le ICC rappresentavano il 4,4% del PIL dell’UE in termini di volume d’affari, con incassi annui di 643 miliardi di euro e un valore totale aggiunto pari a 253 miliardi di euro. Le ICC erano anche uno dei settori con più posti di lavoro in Europa: impiegavano più di 7,6 milioni di persone, un numero 8 volte superiore rispetto a quello del settore delle telecomunicazioni.

Con un tasso annuale del +2,6% dal 2013, le ICC crescevano molto più velocemente della media UE (+2%) riportando un surplus nella bilancia commerciale per i beni culturali pari a 8,6 miliardi di euro (secondo le ultime cifre disponibili), a riprova del ruolo centrale dell’Europa come potenza culturale nell’economia mondiale. Il settore inoltre presentava uno scenario favorevole anche in termini di innovazione tecnologica, diversità di genere e impiego dei più giovani.

Con l’emergenza Covid-19, secondo lo studio le ICC hanno subito un impatto persino peggiore dell’industria del turismo, e solo di poco inferiore al danno subito dall’industria del trasporto aereo. Le ICC hanno registrato perdite per oltre il 30% del loro volume di affari nel 2020 – una perdita aggregata di 199 miliardi di euro – con la musica e le arti dello spettacolo che hanno riportato una contrazione pari, rispettivamente, al 75% e al 90%.

Considerato il contributo cruciale delle industrie culturali e creative all’intera economia europea, e il potenziale che esse hanno per risollevare l’UE dalla crisi, lo studio arriva alla conclusione che il settore dovrebbe essere centrale negli sforzi di ripresa dell’Europa e raccomanda un approccio in tre direzioni: “finanziamento, potenziamento, valorizzazione”. Il report suggerisce un massiccio finanziamento pubblico e la promozione dell’investimento privato, un quadro legale solido che crei le condizioni necessarie a rivitalizzare l’economia creativa e salvaguardare la sua crescita a lungo termine e di fare leva sulla capacità delle ICC e dei talenti creativi individuali per stimolare il progresso sociale.

Circostanze mai viste prima hanno bisogno di misure inedite. Prima di adesso, l’economia creativa europea non aveva mai subito colpi di questa portata, una devastazione i cui effetti si faranno sentire per i prossimi dieci anni. Mentre il report raccoglie editoriali e messaggi quali quelli del Presidente dell’Europarlamento David Sassoli e della Commissaria Europea Mariya Gabriel, la sua pubblicazione ha ispirato la creazione di una delegazione unificata che, su iniziativa del GESAC, incontra soggetti politici di alto livello il giorno stesso del lancio dello studio, tra cui figurano il Vice-Presidente della Commissione Europea Dombrovskis, i Vice-Presidenti Schinas e Šuica, e i Commissari Breton, Gentiloni e Schmit. La delegazione include rappresentanti del mondo delle ICC ed è guidata dall’ambasciatore culturale Jean-Michel Jarre.

“La cultura e l’eredità culturale europea, così varia e ricca, è il cemento che sostiene il nostro comune senso di appartenenza all’Europa – dichiara David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo - Dobbiamo pensare alla cultura non soltanto come uno dei nodi centrali per la ripresa, ma anche come una componente fondamentale per costruire il mondo che verrà dopo il Covid-19, un mondo in cui i legami interpersonali devono essere riallacciati. Il Parlamento Europeo fin dall’inizio si è reso conto degli effetti drammatici della pandemia da Covid-19 sul settore culturale e creativo e ha lottato con le unghie e con i denti per aumentare il budget destinato alla cultura nel piano finanziario pluriennale”.

“Questo studio dimostra quanto i diversi settori dell’industria culturale contribuiscano all’economia europea in termini di occupazione e fatturato – afferma Giulio Rapetti Mogol, Presidente di SIAE - Ogni autore, ogni artista che dedica la propria vita alla creatività realizzando opere nuove contribuisce infatti allo sviluppo del corpo economico del proprio Paese. Purtroppo però l’industria culturale e creativa è uno dei settori più colpiti in Europa dall’onda d’urto del Covid-19 e gli autori e gli artisti vedranno i loro incassi ridotti drasticamente nel 2021 e nel 2022. È necessario perciò mettere in campo azioni per accelerare la ripresa. In questo senso, è cruciale il recepimento della Direttiva Copyright per garantire una giusta redistribuzione della ricchezza non solo ai grandi nomi della cultura e dello spettacolo, ma soprattutto ai tanti artisti meno conosciuti che possono sopravvivere solo grazie al diritto d'autore”.

“La cultura ci eleva come individui, perché nutre e dà forma alla nostra identità, e come europei, perché è una forza motrice per la crescita economica - commenta Gaetano Blandini, Direttore Generale SIAE - La cultura connette le persone, le unisce e le raduna insieme: proprio per questo motivo il timore di tutti, in primis dei creativi e del pubblico, è che le industrie culturali e creative siano quelle che soffriranno più a lungo per gli effetti delle restrizioni. SIAE ha sostenuto e contribuito alla realizzazione di questo studio, nella consapevolezza che di fronte a questa nuova emergenza, in qualità di rappresentanti di migliaia di creatori in Europa, sia nostro dovere fare luce sulla realtà, assicurarci che questa nostra eredità culturale non sia dissipata e che venga fatto tutto il possibile, in termini di strategie, programmazione e sostegno finanziario, per aiutare il settore a ripartire e riprendere il suo sentiero di crescita”.


giovedì 28 gennaio 2021

Torna dal 18 al 20 febbraio la Roma Fashion Week dagli studi di Cinecittà la moda sfila sul grande schermo





Lo schermo del computer non è mai stato così grande, e con Altaroma la moda diventa vero cinema, dal 18 al 20 febbraio, con le sfilate della nuova stagione direttamente dagli studi di Cinecittà. 

Un’edizione completamente digital che parte dalla piattaforma inaugurata a settembre, e che vedrà tornare protagonisti circa 90 brand emergenti ambasciatori delle più alte espressioni dell’artigianato e sartorialità Made in Italy.

Le scenografie che hanno fatto sognare generazioni, saranno lo sfondo di questa Fashion Week che trasmetterà dagli Studios simbolo indiscusso della storia del cinema internazionale. Rinnovando il sodalizio con l’Istituto Luce-Cinecittà, Altaroma presenta così l’edizione più scenografica e monumentale, cui si potrà assistere attraverso la piattaforma digitale - https://digitalrunway.altaroma.it/it/ - una soluzione che abbraccia sia le esigenze legate all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, permettendo la partecipazione in simultanea di tutti gli addetti ai lavori che vorranno partecipare e di tutti coloro che hanno sempre desiderato assistere a una sfilata di moda. Le sfilate saranno in diretta, aperte a tutto il pubblico e agli operatori di settore i quali, accedendo a una speciale sezione privata, potranno interfacciarsi direttamente con i designer e richiedere informazioni e materiali.

La vocazione di Altaroma di promuovere una settimana della moda per sostenere i giovani designer, gli outsider, e le realtà indipendenti si rafforza e si inserisce all’interno di una strategia condivisa con le altre manifestazioni di Firenze e Milano, in un unico calendario continuo del fashion italiano.

«Nulla ci riempie più di orgoglio quanto il fatto di essere riusciti a essere presenti - dichiara Adriano Franchi, Direttore Generale di Altaroma - garantire un’edizione completa, se pur in forma digitale, è per noi e per i nostri brand importantissimo. Abbiamo lavorato duramente in questi anni per fare sì che la Roma Fashion Week fosse parte integrante del sistema, insieme a Agenzia ICE, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e i nostri soci. Lavoriamo in sinergia con Firenze e Milano, fungendo da veicolo di promozione per tutte quelle giovani realtà indipendenti che iniziano il loro cammino nel Fashion System, e saremo qui per loro».


In programma dodici sfilate, che vedranno tra gli altri alcuni tra i finalisti di Who is on next? 2020, tre talk - uno per ogni giornata - realizzati in collaborazione con la Business School del Sole 24 Ore, performance, nonché la settima attesa edizione di Showcase, il format dedicato ai giovani brand emergenti che attira buyer e stampa da ogni angolo del mondo. Settantotto brand selezionati, tra loro alcuni già presenti nel vivaio Altaroma: Delirious Eyewear, 0770, 107 Gioielli, Alessandra Balbi, Alldaylong, Amato Daniele, Annagiulia Firenze, Aru Eyewear, Asciari, Asiana, Ballerì Sorrento, Bams, Batog, Bav Tailor, BGBL - bouncing bags, Camera Creativa, Carolina Ravarini, Casa Preti, Chiara Perrot, Chitè, Dejamis, Dellamonica, Delve Artisanal jewelry art, DeRosis, EllemenTi, Eticlò, Face to face style, Ferilli Eyewear, Fili Pari, Francesca Cottone, Francesca Marchisio, Frei und apple, Frida Querida Firenze, Froy, Gaiofatto, Giulia Barela Jewelry, Gretel Z., Habanero, Id.eight, Italo Marseglia, Jajo Made in Italy, Lana Volkov, Lavinia Fuksas, Le Nine’, Les Jeux Du Marquis, Maiorano, Maison Luigi Borbone, Malìa Lab, Marco Trevisan, Maria Sapio, Massimo Melchiorri, Matt Moro, Mich Vasca, MSB Cameos, Of handmade, Officine 904, Paoli, Pomees de Claire, Rifò, Roberto di Stefano, Roberto Lucchi, Sabrina Formica, Sartoria 74, Scilé, SG 83 di Silvia Gatti, Skato’ design, Tepito, The Beatriz, Valentina Poltronieri, Valeria Vezzani, Vanessa Saroni, Verybusy, VillaTrentuno, Vitelli - Maglieria Italiana, Yarden Mitrani, Yekaterina Ivankova, Zerrobarracento, WUULS.






Cinecittà

martedì 26 gennaio 2021

Intervista alla Regina della Moda Italiana Raffaella Curiel

Raffaella Curiel



La famosa stilista Raffaella Curiel ha iniziato la sua attività nella sartoria milanese di famiglia di proprietà della madre Gigliola che divenne un centro di moda molto importante negli anni cinquanta e sessanta. È attiva nel campo della moda dagli anni settanta. Ha aperto showroom a New York e in Giappone. 

Nei suoi lavori la Curiel riprende grandi personaggi della letteratura e dell'arte guadagnandosi il soprannome di "intellettuale della moda italiana".

È stata insignita di diversi riconoscimenti, fra cui Cavaliere di Gran Croce, Ambrogino d'oro, Medaglia d'oro della città di Milano e Medaglia d'oro della città di Roma, Lupa di bronzo dal comune di Roma quale ambasciatrice della moda nel mondo, premio Rosa Camuna e San Giusto d'Oro nel 2005, oltre a diversi altri. 

Raffaella Curiel è anche impegnata in campo sociale per diverse organizzazioni come il Centro bambini affetti da sindrome di Down di Bruno Lucisano e la Lega Italiana per la Lotta ai Tumori. Ha fondato la Lega Lombarda per la lotta contro la droga, collabora con la Croce Rossa di Milano ed è attiva nell'ambito dell'assistenza agli anziani. Ha coinvolto nel suo lavoro le detenute del carcere di San Vittore e si è anche dedicata, assieme a Girolamo Sirchia, alla promozione delle donazioni di sangue.

Nel febbraio 2017 Raffaella Curiel insieme a sua figlia Gigliola, braccio destro della stilista, inaugura un nuovo atelier di alta moda a Milano, in via Monte Napoleone 13, in un palazzo settecentesco, lasciando definitivamente la sede storica di via Matteotti aperta nel 1969.

Il nuovo Atelier di circa 250m² accoglie la clientela attraverso un percorso storico con un'esposizione fotografica di celebri modelli Curiel creati nel decennio che va dagli anni cinquanta agli anni sessanta, fino ad arrivare al primo piano, sede di uffici e showroom. Il secondo piano è invece adibito a laboratorio e ufficio stile.

In questi giorni sta andando in onda su Canale 5 la serie tv "Made in Italy" che la vede protagonista e ho voluto intervistarla per sapere la sua opinione sulla moda di quel periodo e quella attuale e anche del triste periodo storico legato alla pandemia del Covid che stiamo vivendo, in cui la moda insieme a molti altri settori è particolarmente colpita. 

La serie tv “Made in Italy” è  ambientata a metà degli anni settanta, in una Milano ricca di stimoli e di cultura, ma anche di scontri sociali e violenze politiche. E’ proprio in questo contesto che sono nati i grandi stilisti d’alta moda che crearono il concetto di Made in Italy, esportato in tutto il mondo e la nascita della moda prêt-à-porter italiana. In questa serie, tra fantasia e realtà, nella prima puntata abbiamo visto come protagonisti Armani, Krizia, Missoni e la seconda puntata è stata interamente dedicata a te, la “Regina della Moda”, com’era effettivamente la moda in quegli anni? E com’è adesso?

“La Moda a quei tempi era assolutamente diversa. Eravamo quasi tutti amici, ci si frequentava, facevamo squadra. Andavo alle sfilate di Walter Albini, ai grandi eventi di Valentino dove c’eravamo tutti, indossavo vestiti Missoni, Gianni Versace veniva a cena da me quando vivevo in Via Gesù. Eravamo pieni d’entusiasmo, non conoscevamo l’invidia e soprattutto trovavamo il tempo di ridere anche se ci ammazzavamo di lavoro e di fatica. Allora poi c’erano i grandi produttori di seta a Como e di lana in Piemonte che ci davano sempre una mano. Ricordo l’ingenier Loro Piana che, personalmente toccando con amore i suoi tessuti, mi consigliava. Sempre tout a’ point con completi gessati. Bei tempi! Poi Peppone della Schiava che ci dava grandi spazi su Bazaar e anche con Vogue era molto più facile. Ora tutto è molto cambiato. Solo commercial, solo velocità, solo business. Grandi Signori con il cuore sono rimasti Giorgio Armani e Diego Della Valle”.

Molti famosi Brand italiani per via della crisi hanno dovuto vendere il proprio marchio o l’intera Maison a stranieri: arabi, cinesi ecc… Cosa si deve fare, secondo te, per evitare che questo avvenga e fare invece in modo che il nostro patrimonio creativo venga gelosamente preservato?

“Molti brand hanno venduto perché le piccole aziende non riescono a sostenere grandi numeri, impegni finanziari enormi per la pubblicità, eventi e tanto altro. Credo però che in futuro senza grandi voli empirici resteranno e si creeranno piccoli angoli di nicchia. I nuovi ricchi hanno bisogno di farsi riconoscere attraverso i brand ma crescendo daranno spazio alle esclusive”.

In questo momento stiamo vivendo un difficilissimo periodo storico a causa della pandemia di Covid, le fashion week non si possono fare in presenza, viene trasmesso tutto in streaming, manca il contatto, la magia delle passerelle, la socialità e il calore del pubblico, secondo te è questa una valida alternativa?

“In streaming si perdono le emozioni è così pure per le sfilate di moda.”

Come stai affrontando questi giorni? La tua creatività è rafforzata o al contrario, come molti di noi, sei afflitta da una sensazione di apatia, dovuta alle restrizioni che sicuramente influiscono sulla nostra psiche?

“Il tempo di COVID mi ha portato a riflettere a lungo, a dare spazio ai sentimenti, ad approfondire certi valori. A momenti sento non tanto la mancanza di creatività ma il rapporto umano con le persone. Mi manca tantissimo il teatro dal vivo, mi mancano le mostre.”

Da imprenditrice che vive a Milano ti sei chiesta perché questa pandemia abbia colpito maggiormente la Lombardia e molte altre regioni del nord, rispetto al centro e sud Italia?

“E’ logico che il COVID abbia colpito maggiormente Lombardia e Veneto perché vi sono molte più fabbriche, molte più aziende per cui di conseguenza più pendolari, più uffici, più spostamenti e viaggi, più agglomeramenti per le pause pranzo ecc
..."

Quali progetti hai in mente per questo 2021 appena iniziato?

“Ho preparato una bellissima e molto portabile collezione di Prêt-à-couture. Vivo alla giornata, sogno che tutta questa tragica pandemia passi presto. Mi preoccupa la povertà e la pochezza del Governo. Speriamo in bene.”

 

Gisella Peana

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