Pittore, scultore, fotografo, stilista di moda, disegnatore, architetto, inventore ed orafo: Thayat, al secolo Ernesto Michahelles, è stato un artista eclettico ed innovatore, uno sperimentatore antesignano di nuove sensibilità artistiche. Per questo la Galleria Russo, a Roma, rende omaggio ad uno dei più importanti esponenti del movimento futurista, figura singolare nel panorama dell’arte fra le due guerre, con la mostra “Thayaht, un futurista eccentrico. Sculture, progetti, memorie”, in programma dal 9 febbraio al 2 marzo 2017.
L’esposizione, che è stata presentata in anteprima ad ArteFiera Bologna dal 27 al 30 gennaio 2017, è curata da Daniela Fonti, con la consulenza dell’Archivio Seeber Michahelles e con l’Associazione per il patrocinio e la promozione della figura e dell’opera di Ernesto e Ruggero Alfredo Michahelles, testimonia la ricchezza poliedrica dell’itinerario creativo dell’artista, che si muove tra gusto Decó e avanguardia futurista, grazie alla presenza di circa duecento opere tra sculture, disegni e dipinti che vanno dal 1913 al 1940. Vero e proprio “artista globale”, Thayat si è infatti cimentato con molteplici ambiti operativi, dalla pittura alla scultura, dalla moda alle arti applicate, dalla scenografia all’illustrazione grafica e pubblicitaria, dall’oreficeria all’arredamento. Tutta la sua opera si distingue tuttavia per le linee e le forme sintetiche, che attraverso precise geometrie esprimono una squisita eleganza.
A confermare questa creatività vulcanica è presente in mostra il disegno a inchiostro e acquerello su carta che riproduce la “tuta”, inventata da Thayaht nel 1919 insieme al fratello Ruggero Alfredo Michahelles, in arte Ram, ispirandosi ai concetti di funzionalità espressi da Balla. La tuta, ideata come modello a T, a linee rette, in canapa colorata o cotone grezzo, era concepita come abito universale tout-court, destinata a tutti senza distinzioni sociali ed è l’emblema del percorso artistico di Thayaht improntato a collegare sempre estetica e funzione, eleganza ed economia. Nello stesso anno, l’artista realizza il logo della maison Vionnet, anch’esso in mostra: un peplo a forma di “V” sorretto da una figura impostata su una colonna ionica, che si caratterizza per la perfetta armonia tra il corpo della donna e la veste, per le raffinate soluzioni stilistiche nel trattamento della linea, oltre che per la rarefazione dei volumi, in piena sintonia con l’atmosfera Déco del tempo.
È sul finire degli anni venti che Thayaht entra in contatto con il Futurismo toscano ed esordisce anche come scultore, “dando avvio – come ricorda la curatrice Daniela Fonti – ad una produzione non molto estesa ma di estrema originalità, che costituisce uno dei vertici della ricerca plastica del Futurismo, rilanciatosi ai primi anni trenta”.
La mostra ospita così alcune delle sue più celebri sculture, come la Bautta, il Violinista, la Sentinella, il Flautista, il Tennista, i Pesci, insieme allo scenografico Tuffo, realizzato per la Biennale di Venezia del 1932.
“Completa la rassegna – prosegue la curatrice – una scelta serie di disegni provenienti dai suoi taccuini privati ed eseguiti fra le due guerre, nei quali si fa strada un mondo privato ed estetizzante, innamorato dei giovani corpi stesi al sole e della natura della Versilia, nella quale trascorreva molti mesi dell’anno, e nella quale si ritirò".
Nella varietà delle opere esposte la mostra ricostruisce quindi la personalità eccentrica e complessa di Thayaht nel mondo artistico del Novecento.
La mostra sarà corredata da un catalogo a colori edito da Manfredi Edizioni (Cesena) con testi critici di Daniela Fonti, Carla Cerutti ed un contributo di Elisabetta Seeber.
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